Dalla lettura delle disposizioni regionali si evince l’obbligo di abbattimento degli ulivi nella zona infetta. Nel caso in cui i proprietari o i conduttori non provvedano nei termini stabiliti, l’Arif (Agenzia Regionale Attività irrigue e forestali), in convenzione con l’Osservatorio Fitosanitario Regionale dal 2017, agisce in sostituzione di tali soggetti provvedendo alla rimozione delle piante e al loro abbattimento. Gli ulivi eradicati successivamente vengono distrutti presso le apposite strutture periferiche dell’agenzia.
Al posto, dunque, di vedere i propri ulivi distrutti dall’Arif, gli agricoltori sono stati costretti a pensare ad un diverso uso e ad un possibile guadagno ricavabile dalle piante ormai infette, che per legge devono essere rimosse.
Cippato di ulivo. Questa è la sorte che spetta alle colture distrutte. Cippato deriva dall’inglese “chip”, ovvero “scaglia”, e consiste nello sminuzzare il legno degli ulivi in dimensioni di pochi centimetri.
Il prodotto è predisposto ad essere utilizzato come combustibile negli impianti di riscaldamento domestico (attraverso l’impiego di caldaia a biomassa), ma anche come compost per i terreni. L’attenzione alle agrobioenergie non deriva solo da una maggiore sensibilità verso il cambiamento climatico, ma anche da considerazioni economiche. Infatti il cippato non è solo una fonte rinnovabile di produzione di energia pulita, ma contribuisce anche alla diversificazione e alla crescita dell’economia locale.
Sulla base di queste considerazioni, è nato il connubio tra “Titi Shipping”, agenzia marittima che cura la logistica del trasporto su nave del cippato, e “Ital Bio Energy”, azienda leader nel settore a livello regionale, a cui dedicheremo un approfondimento nella prossima puntata dell’inchiesta.
La ricostruzione del traffico, effettuata insieme alle Capitanerie di Porto dei rispettivi luoghi di attracco, attesta che il 29 marzo dal porto di Brindisi è salpata la nave “Cdry Brown” contenente 5,5 mila tonnellate di cippato di ulivo ed è arrivata il 30 marzo al porto di Augusta, in Sicilia.
In un primo momento si è sospettato che la nave avesse concluso il suo viaggio presso l’Oikothen, una piattaforma polifunzionale integrata per rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi. Il cippato di ulivo sarebbe potuto essere smaltito lì. Tuttavia il fatto è stato smentito dai colleghi di SiracusaNews, che ringraziamo per il loro lavoro, in quanto la piattaforma, oggetto di vicende giudiziarie che hanno portato alla fine all’assoluzione dell’ex sindaco di Siracusa Augusto Carrubba, non è mai stata attiva.
Il carico di cippato di ulivo, partito da Brindisi, era destinato invece all’impianto di termovalorizzazione dei rifiuti pericolosi (e non) ad Augusta, gestito dall’azienda siciliana Gespi. La missione della società a responsabilità limitata è quella di garantire lo smaltimento dei rifiuti nel rispetto delle normative ambientali.
Tuttavia anche questa azienda è stata fatto di cronaca e di vicende giudiziarie: nel 2019 il Tar Catania ha annullato l’interdittiva antimafia, rilasciata alla società dalla Prefettura di Siracusa nell’ottobre 2018, per difetto di motivazione e di istruttoria. Nel dicembre 2020 anche il Cga (il Consiglio di Giustizia amministrativa) della Regione Siciliana ha ritenuto illegittima l’informativa.
Secondo la normativa nazionale vigente, il comma 4 dell’art. 8-ter della Legge n.44 del 21 maggio 2019
(qui il link: https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2019/05/28/19G00050/sg )
prevede che le parti legnose prive di ogni vegetazione e provenienti da piante risultate positive al batterio della xylella possono essere liberamente movimentate all’esterno dell’area delimitata. Di conseguenza il traffico di cippato di ulivo è lecito.
La produzione e il traffico di cippato possono dunque essere una nuova forma di guadagno per gli agricoltori in ginocchio per la piaga della Xyllela?
Agricoltori che dovrebbero comunque abbattere i propri ulivi infetti, sulla base delle disposizioni regionali…
Fonte: http://www.leccecronaca.it/index.php/2021/04/20/linchiesta-3/