Puntare a pratiche di riequilibrio dei suoli e degli agroecosistemi non comporta necessariamente l’adozione di metodologie bioeconomiche che, di per sé, non sono né “biologiche”, né “rigenerative”. I progressi della strategia bioeconomica indicati dalla Commissione Europea sono orientati ad assumersi il ruolo di consolidare e aggiornare le logiche operative dell’agroindustria. Le merci agricole vengono rubricate come «prodotti bioeconomici» in quanto la bioeconomy consiste nella produzione e trasformazione industriale di materia organica. Occorrerebbe invece tener conto della storia dei sistemi agroalimentari locali e regionali, considerando gli impatti socioecologici che i modelli produttivi monocolturali hanno impresso all’agricoltura e all’allevamento italiani fin dal secolo scorso. Dovremmo dunque sviluppare il pluralismo dei modelli agricoli, rivitalizzando l’agricoltura contadina e forme agropastorali e policolturali di attivazione degli ecosistemi rurali e favorire le multiformi pratiche dell’agroecologia, a bassa intensità di capitali ma ad alta intensità di lavoro, di esperienze collettive e di conoscenze scientifiche
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